Quando si fa attività fisica è sempre molto utile conoscere l’intensità del lavoro che si svolge. Negli esercizi o sforzi brevi e intensi (una serie di piegamenti, sollevare pesi, correre per poche diecine di metri, fare un salto o una serie di balzi…) l’intensità è data dal numero di movimenti (ripetizioni) che si fanno, dalla quantità di pesi che si muovono o dai metri che si percorrono in un certo tempo. Nelle pratiche più lunghe (saltare alla corda, fare una serie di addominali di 10′, correre per parecchie centinaia o migliaia di metri, fare una ripresa al sacco o una serie di tecniche di combattimento con un partner), invece, dove la percentuale di potenza aerobica implicata è notevole, diventa significativa la frequenza cardiaca. Significativa vuol dire che possiamo considerarla direttamente proporzionata a nostro sforzo, e quindi utilizzarla come parametro di misura dell’intensità.
La stessa cosa non succede, ad esempio, se facciamo dei piegamenti sulle braccia (non chiamateli flessioni!): se il vostro massimo in una serie è 20, ad esempio, farne 16 (l’80%) o 21 (il 105%) non modificherà significativamente la frequenza cardiaca massima subito dopo l’esercizio: in altre parole la frequenza cardiaca non è in grado di rilevare, in casi del genere, una differenza di intensità del 25%: differenza importante, perchè vicina al proprio massimale.
La frequenza cardiaca, però, va saputa rilevare; troppi sono i modi in cui si può alterare questa misura, col risultato a volte di non capire quello che stiamo facendo. Già è meno grave se commettiamo sempre lo stesso erorre procedurale, almeno avremo nel tempo risultati confrontabili.
C’è una grande differenza tra mettersi la mano sul cuore per ascoltarne i battiti o metterla sul polso: nel primo caso si percepiscono le contrazioni meccaniche del muscolo cardiaco, mentre nel secondo si percepisce il passaggio dell’onda di sangue che percorre i vasi e che li fa dilatare (l’onda sfigmica). Ecco perché mentre il cuore fa tu-tuum ad ogni battito, l’onda sfigmica fa solo tump.
Quando si cerca l’onda sfigmica sul polso si dice che si ascolta il polso. Ma si dice ascoltare il polso anche quando si cerca l’onda sulla gola, o sull’arteria femorale, o sul braccio (e si parlerà di polso carotideo, polso femorale, polso brachiale ecc.). Come che sia, soprattutto quando cercate il polso di un’altra persona è opportuno utilizzare solo indice, medio e anulare: il pollice ha un’arteria troppo grossa che potrebbe interferire con la misurazione.
Esistono molti strumenti inventati per gli sportivi che rilevano direttamente il polso: li chiamano cardiofrequenzimetri. I più seri ed affidabili, che non danno falsi segnali neanche quando state tirando di boxe, sono quelli a fascia, da torace, come l’esemplare mostrato nella foto. Quelli a dito o a lobo, che si trovano in certe palestre, sono molto più economici e spesso hanno dato risultati falsati. Troviamo poi quelli che rilevano i dati dal polso, relativamente ai quali è possibile vedere questa guida sul cardiofrequenzimentro da polso.
L’unico vero vantaggio dei cardiofrequenzimetri rispetto ad una misurazione manuale ben fatta è che permettono di rilevare la frequenza cardiaca anche durante lo sforzo, cosa che non è sempre facile da realizzare manualmente. Per tutti i casi (ed è la stragrande maggioranza) nei quali la rilevazione del polso subito dopo lo sforzo è più che sufficiente, potete risparmiarvi la spesa.